Voglio iniziare questa relazione partendo da una riflessione sull’esito del risultato elettorale in Puglia e nei comuni. Non possiamo che essere soddisfatti della debacle della Lega che ovunque si è votato nella nostra regione è stata decisamente ridimensionata. Quanto alla riconferma del Pres. Emiliano la nostra soddisfazione non mitiga le critiche che nel corso di questi anni abbiamo rivolto ad una gestione ondivaga, con forti tratti populista e a tratti di destra a partire da una gestione disinvolta delle aziende pubbliche regionali. In primis AQP. Per non parlare di come si è affidata a una persona come Cassano che non ha specifiche competenze, uno strumento delicato come Arpal. Cio detto sembrerebbe che forse abbiamo sbagliato a riconfermare la fiducia a questo quadro politico se non fosse che per quello che è r il nostro sistema elettorale l’alternativa sarebbe stata decisamente peggiore. Ci sono punti che salviamo della passata legislatura e che andrebbero ulteriormente migliorati. Penso ad esempio alle politiche di cura del territorio, alle politiche industriali che però devono incentivare l’innovazione del sistema industriale e devono basarsi su un rapporto forte tra imprese, università e centri di ricerca. Oltre che su un confronto vero con le organizzazioni sindacali a partire da quelle aziendali e territoriali per le ricadute che una tale ingeste massa di investimenti pubblici deve necessariamente produrre sul miglioramento dell’occupazione – di una occupazione di qualità- . Cosi come le politiche energetiche e del trasporto pubblico locale su cui il giudizio nonostante molti limiti è decisamente positivo. In questa legislatura che sta per iniziare, noi come Area Metropolitana vogliamo giocare un ruolo di primo piano all’interno dell’importante lavoro che già Cgil Puglia fa e alla quale riconosciamo capacità di autonomia e di proposta. Per inciso, se tutti riconoscono che con l’iniziativa regionale del 3 settembre abbiamo sbloccato una campagna elettorale fino ad allora dall’esito incerto, vuol dire che la politica ha bisogno di idee e non di clientele e che il centro sinistra non cresce in base alla distribuzione dei posti ma per la qualità delle proposte che vengono offerte ai cittadini.
Quando parlo di protagonismo della nostra area metropolitana intendo dire che dobbiamo giocare un ruolo di primo piano all’interno delle scelte strategiche che il Governo dovrà compiere per l’uso delle risorse rivenienti dall’UE: – recovery fund, Mes, Sure, Fondo per la Transizione ambientale, Fondi Banca Europea degli Investimenti, BCE, Fesr, Fondo sociale Europeo e anche i Fondi Nazionali da partire dal Fondo Sviluppo e Coesione che destina alle regioni del mezzogiorno l’80% delle risorse.
Noi abbiamo tutte le caratteristiche per giocare un ruolo da protagonisti rispetto alle indicazioni che ci vengono dall’UE. I parametri rispetto ai quali l’Europa concederà i fondi all’Italia sono all’interno delle nostre rivendicazioni: lavoro e sviluppo sostenibile; innovazione; istruzione e formazione, ricucitura delle aree urbane e riduzione del disagio sociale oltre che infrastrutture materiali, immateriali e sociali.
Cio comporta che anche noi come sindacato e Cgil dobbiamo conoscere bene il nostro territorio- non si offenderà nessuno- e le dinamiche produttive e sociali che lo pongono. Ci sono realtà che forse anche noi non conosciamo come ad esempio quelle che disegnano BARI e altri centri importanti della nostra area metropolitana, tra le più ricche in Italia per presenza di terziario avanzato. Grande merito di questo è da ascriversi al politecnico e all’università. Tocca a noi connetterci con l’insieme di queste attività per disegnare un modello di territorio che abbia nell’industria tecnologicamente avanzata, nella logistica, nella sanità di eccellenza alcuni dei poli su cui costruire il proprio futuro in raccordo con università, politecnico, cnr e altri centri di ricerca.
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La Pandemia ha fatto emergere tutte le fragilità del sistema economico – sociale che in Italia, come pure in Europa, si è affermato negli ultimi anni, consegnando la necessità di definire alcune PRIORITA’ IMPORTANTI.
Tra queste quella che ci riguarda piu da vicino è:
- La centralità del mondo del lavoro in tutte le sue accezioni (superspecializzato e/o precario) punto di riferimento per le politiche nazionali e regionali.
In questi mesi infatti, sono emersi con ancora più forza i guasti prodotti dalla selvaggia frammentazione del mercato del lavoro con la conseguente diffusione della precarietà. Pensiamo soltanto a cosa ci si è dovuti inventare per sostenere il reddito di tanti lavoratori occupati con forme di lavoro non avevano alcun sostegno.
Devo purtroppo dire che il modo in cui sta procedendo il governo sull’uso delle ingenti risorse messe a disposizione dall’ Unione europea non è un buon segnale.
Le iniziative che abbiamo fatto in tutta Italia unitariamente il 18 settembre scorso per rimarcare la centralità del lavoro testimoniano la nostra forte volontà di procedere rompendo una prassi di disintermediazione sociale che era andata avanti negli anni passati. Ma denuncia anche l’inadeguatezza dei progetti che girano
tra i vari misteri rispetto a quello che noi riteniamo essere le priorità fondamentali:
- Lavoro sostenibile
- sanità
- Mezzogiorno
- Sviluppo
- Istruzione e formazione
- Innovazione e digitalizzazione (intesa come connettività per tutte le aree del paese)
- Infrastrutture
Non è la somma dei progetti che può disegnare l’Italia che noi vogliamo, ma una strategia che, partendo dalla riduzione del divario crescente tra Sud e resto del paese lo riconnetta e contemporaneamente cogli il divario tecnologico e di conoscenza con gli altri paesi dell’Unione. Da quello digitale che ci vede agli ultimi posti, a quello dell’istruzione, della formazione e della tecnologia.
Naturalmente abbiamo sottolineato che il complesso di questi temi e priorità comporta e richiede un nuovo ruolo e un nuovo protagonismo dello Stato.Tutto ciò con la consapevolezza che la pandemia ha approfondito ancora di più le disuguagliane gia ampiamente presenti nel paese. In particolare i giovani e le donne stanno pagano il prezzo piu alto a questa difficile situazione che si è venuta a creare.
E non sto qui a richiamare le centinaia e migliaia di posti di lavoro che si stanno perdendo in questi mesi che riguardano in particolar modo i giovani ed in particolare le donne.
Nei mesi scorsi si sono riempiti la bocca della necessità di partire dall’istruzione, però
il modo con cui la ministra dell’Istruzione si è mossa rispetto alla riapertura delle scuole denota scarsa conoscenza non tanto del sistema scolastico in sé ma bensì del valore che l’istruzione pubblica ha nel nostro paese, dei suoi ritardi, del fatto che la famiglia ed in particolare le famiglie che lavorano hanno rispetto l’istruzione dei ragazzi e di come in tutti i gradi di istruzione sembra che ci si muova con improvvisazione piuttosto che con programmazione e con la consapevolezza che la pandemia POTEVA FUNGERE DA OPPORTUNITA’.
Troppe le cattedre rimaste vuote nella nostra realtà, troppo pochi i lavori di ristrutturazione delle scuole, mancanza di certezze con ripercussioni negative sul personale docente e sulle famiglie che devono affrontare questa fase con un affanno in più.
Stesso discorso possiamo fare per le politiche creditizie sia per le piccole e medie imprese che per le famiglie. Ciò che era già pesante da sopportare come difficoltà di accesso al credito per la mancanza di un lavoro stabile, difficoltà di guardare serenamente al proprio futuro, difficoltà di poter inseguire il proprio sogno diventano oggi insormontabili. Da questo se ne esce solo attraverso una programmazione NAZIONALE DECISA che deve indirizzare al mezzogiorno risorse adeguate risparmiandoci annunci spot tipo: alta velocità e tunnel sotto lo Stretto di Messina.
La nostra esperienza quotidiana ci consegna una situazione in cui a fianco delle poche eccellenze che non solo reggono la botta, ma danno anche segnali di superamento della fase emergenziale, abbiamo una marea di famiglie in difficoltà di giovani che non ce la fanno e magari non riescono neanche più a emigrare, di anziani che vedono messa in discussione anche le modalità di un welfare che si è dimostrato inadeguato rispetto allo scoppio del covid. Vedi tutto il sistema di residenze per anziani che va profondamente ripensato e che non può continuare ad essere affidato ai privati con modalità di accreditamento discutibile.
Più nello specifico guardando la nostra città e molti comuni notiamo che tantissimi sono i negozi che non hanno riaperto.
Molte piccole e medie aziende hanno dovuto licenziare. La cassa integrazione è arrivata in ritardo laddove è arrivata (l’inps ha grossissime resposabilità). Molte madri con lavori part time precari hanno gettato la spugna: con le scuole chiuse i figli a casa la conciliazione è impossibile.
Sono le macerie che lasciano sei mesi di convivenza col covid. Un affanno economico che morde la società barese, al pari dell’Italia. E in una realtà territoriale come la nostra, che ha già dentro enormi sacche di nero, sottoccupazione e abusivismo, l’autunno sarà una stagione difficile. Stando alle previsioni dell’Istat dentro la fine del 2020 circa 3,6 milioni di persone rischiano di perdere il posto di lavoro una parte di questi “esuberi” finirà a gonfiare la schiera all’economia sommersa.
In Italia ci sono 3,3 milioni di occupati in nero (38% nelle regioni del Sud) e producono 78,7 miliardi di euro di valore aggiuntivo sommerso. Dall’ultima stima Istat viene fuori un numero impressionante di nuovi disoccupati, e purtroppo moltissimi tra i giovani, e l’aumento del rischio di lavoro nero è reale.
Già all’inizio dell’estate il numero di baresi che hanno chiesto aiuto ai centri di ascolto e ai servizi delle Caritas parrocchiali della diocesi è aumentato del 45% in più rispetto alle persone seguite all’inizio del 2020. Conferme in tal senso sono venute anche dalle 13 mense del coordinamento Caritas di Bari e Bitonto. Povertà in aumento significa più disperazione: qualsiasi forma di reddito può andare bene. E in questo solco di bisogno le imprese illegali e quelle criminali reclutano manodopera a mani basse.
La CGIL sta sollecitando il governo ad un confronto immediato senza ulteriori perdite di tempo sull’uso dei 209 miliardi di recovery found, dei 37 miliardi del Mes che dovranno servire per portare il nostro sistema sanitario ad un livello tale che affronti tutte le problematicità legate al Covid compreso una riforma dell’assistenza domiciliare e delle residenze socioassistenziali. L’Itala attingerà anche ai fondi del Sure costituito per finanziare gli ammortizzatori sociali.
Insomma, rimettere in moto tutta la catena produttiva, dal colosso alla microazienda, l’unica strada per sottrarre braccia (e cervelli) all’economia sommersa. Bisogna avviare immediatamente tutte le opere programmate e finanziate o finanziabili per dare una risposta immediata e concreta al lavoro, Si tratta di intervenire subito sulle infrastrutture ma anche sulla rete poiché la digitalizzazione da sola è in grado di sviluppare nuovo lavoro qualificato e di mettere a frutto le competenze di tanti giovani.
Ma noi non siamo qui a fare la fotografia un po’ scontata di ciò che non va per poi dire magari noi lo avevamo detto, la CGIL ha un progetto preciso per lo sviluppo.
La CGIL pugliese – e noi siamo in questa visione – ha tenuto i suoi stati generali il 3 settembre per indicare la strada possibile. Vogliamo dare atto al nostro Segretario Generale di uno sforzo di elaborazione straordinario, di un’analisi generale della situazione Pugliese, di una capacità di “leggere” la nostra realtà regionale partendo dai vari territori e in un rapporto stretto con i territori e le categorie.
Come Area Metropolitana noi vogliamo fare la nostra parte all’interno della strategia regionale.
Bari e la quasi totalità della sua area metropolitana sta attraversando ormai da anni una fase di profonda trasformazione più visibile a Bari, a Molfetta, a Monopoli, Altamura ma abbastanza diffusa che ci impone di misurarci con queste trasformazioni.
Ad esempio i lavori che stanno partendo sul nodo ferroviario ridisegneranno il volto della città.
Ma su un appalto di 390 milioni che significano tanti posti di lavoro per tanto tempo noi possiamo limitarci a dire finalmente? È parte di una battaglia che in primo piano la Cgil conduce da decenni.
Riteniamo invece che si pone da subito per noi l’obbligo di sviluppare un confronto con le stazioni appaltanti, con le istituzioni e con le imprese perché i lavori si svolgono in sicurezza e nel pieno della tutela dei lavoratori. Io credo che la segreteria della camera del lavoro insieme alla fillea e alla filt unitariamente devono attivare questo confronto e governare questo processo.
Nello stesso tempo un confronto va aperto con il comune per ragionare sul destino di quartieri come Madonnella, Japigia vengano sottratti ad una sorta di marginalità e contribuiscano a costruire una piccola metropoli con quartieri dotati di servizi interconnessi all’interno dei quali i cittadini si sentano partecipi di un processo di vita democratico che ha nel sindacato una parte rilevante.
Non so se sono chiara se c’è stato un freno allo sviluppo della città e perché i palazzinari hanno dettato le regole dello sviluppo urbanistico di Bari. Fino al punto di far diventare questa città peggiore nel rapporto tra arie verdi e costruzioni.
Un ragionamento così complesso noi non possiamo affrontarlo da soli.
Dobbiamo aprire tavoli di confronto con i cittadini di ogni quartiere per capire la gente come vede questo cambiamento ma dobbiamo anche confrontarci con le forze economiche e culturali ed in primo luogo con università e politecnico che rispettivamente possono aiutarci a comprendere il cambiamento e la sua influenza sulle persone, le implicazioni sul piano urbanistico, sociale e lavorativo.
Noi ad esempio non siamo in grado di dire a oggi quale professionalità e quali mestieri sarà necessario sviluppare nei prossimi anni: la digitalizzazione cosa comporterà in termini di applicazione e di gestione dei processi? Magari sarà il caso di provare a indirizzare gli studenti verso alcune facoltà piuttosto che altre per provare ad aprire uno sbocco di lavoro che non sia precario e giustifichi anche gli studi. Oppure sarà il caso di approfondire quale impatto permanente potrà avere sulla città lo sviluppo turistico alimentato dalle crociere ma non solo che dovrà comunque riprendere in pieno dopo questa fase.
Qualche giorno fa siamo intervenuti pesantemente sulla campagna di annunci che il sindaco di Molfetta ha fatto riguardo al grado di sviluppo di quella città. Non lo abbiamo fatto per una sorta di gelosia di chi viene escluso da un processo decisionale, la nostra posizione nasce dalla necessità che i processi di sviluppo di un territorio possono essere duraturi a condizione che i fattori che lo determinano siano condivisi e poggino su basi solide e non speculative. A Molfetta questo è già successo che realizzare un’area industriale purché fosse ha determinato nel corso degli anni periodici allagamenti e oggi assistiamo impotenti anche all’allagamento di quel sito ogni volta che c’è una pioggia importante.
Essere sindacato di strada significa conoscere la strada e il territorio e io non sono proprio convinta che noi conosciamo bene il nostro territorio e le aziende che vi operano. È finito il tempo in cui bastava assicurare una presenza permanente nelle nostre sedi per intercettare i lavoratori. Questo è tempo in cui dobbiamo essere noi ad andare a cercare. Per fare un esempio pratico un’opportunità ci viene offerta dal protocollo sulla sicurezza che ci consente di mettere piede in tutte le aziende per l’attuazione e la verifica.
Fin ora non abbiamo colto in pieno questa opportunità e il ripiombare nella seconda fase della pandemia ci deve consentire di recuperare eventuali ritardi. E’ dimostrato come anche nella nostra realtà importanti focolai si sono verificati proprio nei luoghi di lavoro e allora noi a maggior ragione dobbiamo intervenire in tutte le realtà per pretendere l’applicazione del protocollo sulla sicurezza e nello stesso tempo attivare un rapporto generalizzato con i lavoratori. Lo dico ai segretari di categoria: cari compagni questo deve essere per noi un impegno prioritario fin da subito e per tutto il proseguo della pandemia. Con l’impegno particolare di Paolo Villasmunta stiamo aggredendo la grande realtà rappresentata dal sistema delle imprese artigiane. Compagni, in quel settore c’è una prateria da percorrere per la messa a frutto delle conquiste contrattuali che abbiamo ottenuto sia mediante un impegno piu proficuo all’interno della bilateralità, sia con un’azione piu concreta per far conoscere a tutti i lavoratori le opportunità e i vantaggi offerti in materia di welfare. Abbiamo già tenuto due incontri di formazione e continueremo anche in collaborazione con SMILE per dare concretezza a tutto il nostro lavoro che significa per noi anche nuove opportunità di proselitismo.
Altra sfida che siamo chiamati ad affrontare è tutta la partita dello SMART WORKING o del lavoro AGILE. Sappiamo con certezza che questa forma di lavoro sarà sempre più strutturale, ma sappiamo anche che essa va governata. Fin’ora ci si è mossi sulla base dell’emergenza il sindacato non ha potuto esercitare un’azione di governo delle varie forme che sono state messe in atto. Dobbiamo contrattualizzare lo SW se non vogliamo che esso diventi una scelta delle aziende per sfruttare di piu i lavoratori, per ridurre il peso della contrattazione collettiva e in ultima analisi restringere il campo dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
Mentre nel settore pubblico si sta procedendo ad una sua regolamentazione per il settore privato la situazione è più complessa anche perché c’è un tentativo neanche molto nascosto di Confindustria di affidare la gestione dello smart working ad un rapporto tra singolo lavoratore e impresa.
Il 29 con Cgil Nazionale, giuristi, psicologi e lavoratori oltre che imprese ci confronteremo su questo tema in una iniziativa pubblica che si terrà prsso la sala del consiglio regionale e dalla quale rivolgeremo la nostra proposta di costituire un osservatorio di monitoraggio, vigilanza e controllo presso l’Ispettorato del Lavoro.
La stagione dei rinnovi contrattuali deve necessariamente regolare questa materia.
Ovviamente lo SW non è che una parte dell’impegno che ci attende sul fronte della contrattazione, troppi contratti attendono ancora di essere rinnovati e l’atteggiamento delle controparti è semplicemente vergognoso: basti pensare all’atteggiamento di feder meccanica che, semplicemente di rifiuta di riconoscere anche un minimo di incremento salariale. La cosa riguarda anche molte categorie e rende sempre piu necessaria una mobilitazione piu generale per spingere i tavoli delle trattative.
Una strategia per lo sviluppo, l’innovazione e i diritti collettivi è un tutt’uno con la qualità delle tutele individuali che noi dobbiamo saper assicurare. Non ci sono due CGIL: una che fa contrattazione e l’altra che delega al sistema dei servizi le tutele individuali dei lavoratori e dei cittadini in genere perché tutele collettive e tutele individuali non possono essere scissi. Cio è apparso ancora piu evidenti in questi mesi in cui abbiamo dovuto reinventarci il nostro modo di rapportarci con i lavoratori, con i pensionati e con tutti coloro che in qualche modo si rivolgono alla CGIL.
Questo infatti è stato un anno particolare anche per quanto riguarda le nostre attività sul fronte dei servizi. Siamo stati chiamati a compiere alcune scelte importanti che hanno prodotto il ricorso al FIS per una parte dei compagni dell’attività fiscale. In questa situazione abbiamo garantito la integrale applicazione dei protocolli emanati rispettivamente da Cgil Puglia e Bari nel rispetto anti-covid. Partendo da queste limitazioni operative abbiamo accelerato sul fronte degli investimenti implementando una parte della strumentazione tecnologica al fine di garantire le attività. Siamo stati un baluardo in quei mesi di lockdown nel garantire l’assistenza e le tutele ad una platea sempre piu smarrita (considerando la chiusura di tutti gli uffici pubblici INPS, ASL e altro) che ha visto in noi l’unico punto di riferimento. In questo contesto abbiamo gestito una campagna dei 730 che anziché partire nei primi giorni di Aprile è slittata a metà maggio. Grazie allo straordinario impegno dei compagni, di Inca, del Caf e anche delle categorie abbiamo convintamente aderito alla proposta avanzata da Cgil Puglia circa l’apertura straordinaria al sabato delle nostre sedi. Questo impegno ha permesso, nonostante tutte le difficoltà e i timori, di raggiungere uno straordinario risultato che ha superato l’obiettivo 2019. Per quanto riguarda invece il fronte del patronato possiamo registrare un risultato ad oggi positivo rispetto alla chiusura prevista per fine anno. Sempre sul fronte del patronato stiamo provvedendo a rinnovare le nostre energie rispetto ai compagni che vanno in pensione e proprio perché crediamo che servizi colletti e servizi individuali non siano cose tra loro separate, ma tutte e due devono rispondere al modo di essere Cgil, i corsi di formazione ai quali faremo partecipare questi compagni non si limiteranno soltanto agli aspetti normativi e tecnici ma avranno anche un modulo riservato alla storia della Cgil e al ruolo del sindacato di Di Vittorio nella società italiana.
L’esperienza della pandemia ha confermato la centralità delle tutele individuali e questo a sua volta rafforza per noi il progetto avviato dalla Cgil Puglia della Società Unica che vede la partecipazione di tutte le categorie. Partendo anche dal dato per cui oltre il 50% degli iscritti arriva attraverso il pezzo dei servizi, rivolgo un accorato invito alle categorie a non abbandonare la nave. Avendo partecipato a buona parte dei direttivi, so bene che molti bilanci sono in sofferenza, ma tagliare i costi non rinnovando la convenzione caf rappresenta una falsa revieu in quanto porterebbe ad una inesorabile perdita di iscritti. (lungimiranza della cgil gratuità dei servizi di patronato).
Noi al congresso abbiamo assunto due questioni di fondo: da un lato l’idea del sindacato di strada e quindi la questione che riguarda il ruolo delle camere del lavoro, dall’altro la scelta della contrattazione inclusiva e quindi come la nostra attività di contrattazione nei luoghi di lavoro, nel territorio cerca di ricomporre la rappresentanza di un mondo del lavoro oggi frammentato e diviso. E da questo punto di vista sono decisive anche le forme organizzative per dare concretezza a quelle scelte di fondo che abbiamo compiuto al congresso. Inoltre, noi abbiamo l’esigenza di invertire quella che è la tendenza degli ultimi anni, cioè la costante riduzione delle iscrizioni al sindacato. E’ una questione che dobbiamo prendere di petto e con serietà e rigore; dobbiamo ragionare, capire e apportare tutti i necessari cambiamenti per invertire la tendenza.
E’ un impegno che riguarda la CGIL nazionale e regionale, riguarda noi come CMDL e riguarda le categorie oltre che il nostro saper stare nel territorio. Compagni io so che sto chiedendo a tutti voi, o meglio a tutti noi più sacrifici più lavoro più capacità di comprendere la normativa sempre nuova e maggiore volontà di cimentarsi con nuove sfide ma se non lo facciamo qui e ora lasceremo il campo ad altro. per quanto possa sembrare brutale il nostro impegno a tutti i livelli non può essere misurato con l’orologio perché noi non siamo “lavoratori normali” ma siamo altra cosa e chi entra in CGIL lo sa bene e lo deve sapere.